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Giuseppe  Mirigliano

Proviene dalla scuola napoletana di Vincenzo Migliaro

che, – a sua volta – discende da Domenico Morelli.
Espone, da più di un trentennio,

in mostre collettive e personali in Italia e all’Estero.

Numerose sue opere figurano in collezioni pubbliche e private

nazionali ed europee.

 Di lui ha scritto un numero imprecisabile di critici d’arte.


Nella sua odierna rassegna è rappresentato in larga misura il paesaggio,

in tutte le sue più pittoresche manifestazioni. Infatti,

all’osservatore che ne segua il suggestivo itinerario,

si affaccia un tripudio di mandorli in fiore e poi, via via,

 si snodano gli ulivi contorti della campagna pugliese,

 le balze rocciose in conflitto col mare, le luci che filtrano

improvvise dalle masse di aria in movimento.

 Per tappe si arriva quindi alla foresta, multiforme e imprevedibile,

 dove l’aria diventa sempre più frizzante,

man mano che si giunge al candore immacolato delle nevi.

Ma Mirigliano non dimentica di essere nato figurista e non manca di accendere

 il suo interesse anche per la figura umana,

rappresentandola come elemento a sè stante o

come elemento dinamico vitalizzante nelle scene rumorose di strada

o in quelle idilliache delle rappresentazioni pastorali.

Fra queste scene di genere egli ce ne presenta

persino alcune inedite, molto significative, di Bari vecchia.

Ma stavamo trascurando, intanto, le composizioni di natura morta.

Esse sono poche, invero, ma sono veramente eccezionali.

In esse l’osservatore, non pago del godimento visivo,

vorrebbe quasi gustare il succo della frutta appena staccata dai rami.


L. D’Orsi